Autore Redazione
martedì
27 Giugno 2023
12:06
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Cronaca - Piemonte

Un sogno autentico e folle come il Teatro. Recensione di Chisciotte ad Asti Teatro 45

Tutto esaurito e lunghissimi applausi all’anteprima dell’ultimo lavoro di Casa degli alfieri in coproduzione con il Festival astigiano
Un sogno autentico e folle come il Teatro. Recensione di Chisciotte ad Asti Teatro 45

ASTI – Asti Teatro 45, con la direzione di Mario Nosengo, ha un carattere femminile e vuole confermare la sua appartenenza al territorio. Ieri, lunedì 26 giugno, il legame tra Asti e il suo festival si è celebrato nel nome di Luciano Nattino, uno dei padri di Asti Teatro. Allo spazio Kor (anche il giorno precedente) è andata in scena l’anteprima nazionale di Chisciotte, l’ultimo lavoro di Casa degli alfieri, in coproduzione con Festival Asti Teatro 45, ripreso dal testo di Nattino del 1998, frutto allora della collaborazione degli alfieri con il Living Theatre di Judith Malina, lo storico gruppo di New York che ha segnato la storia dello spettacolo della seconda metà del novecento. Oggi, martedì 27 giugno, Asti Teatro continua alle 19 al Teatro Alfieri con lo show “Il settimo giorno lui si riposò, io no” di e con Andrea Mirò e Enrica Tesio, per proseguire alle 22 nel Cortile del Michelerio con “Io sono Mina”, spettacolo Musicale – Teatrale dedicato alla più celebre cantante pop italiana. Asti Teatro 45  proseguirà sino al 2 luglio e il programma è consultabile su https://astiteatro.it/

Proprio dalla volontà di Nattino di riscrivere Chisciotte è partita Patrizia Camatel, che, oltre ad essere in scena con Tommaso Massimo Rotella, ne ha curato la drammaturgia. Lo Spazio Kor è una chiesa barocca divenuta teatro e il suo fascino antico si sposa con una scena (di Agnese Falcarin) su cui campeggiano mucchi di libri, le macchine dei suoni di Antonio Catalano, che proiettano in un mondo di meraviglia, e un’impalcatura che si trasforma in veliero. A lato, una consolle luci, manovrata dagli stessi protagonisti, concorre ad un incastro illusorio, dove un teatro ne contiene un altro e così via. La finzione appare più vera e potente della realtà e, sulla scena, un uomo e una donna diventano qualcos’altro per condividere un sogno. Nella riscrittura di Camatel, Chisciotte è un reduce di guerra (anche definito all’inizio “scemo di guerra”), che si rifugia in un mondo cavalleresco immaginario per sfuggire ai suoi incubi. Accanto a lui, Cloe, una giovane donna che custodisce un segreto e che gli dà ciò che ha bisogno, ovvero “un po’ di condivisione, di vicinanza umana”. Cloe gioca con il pubblico, lo coinvolge in una finzione metateatrale, crea una folla di personaggi intorno al suo cavaliere e diventa il suo fido scudiero Sancho Panza. Il sogno prende forma: l’impalcatura diventa una nave, Chisciotte vi si arrampica, mentre la macchina del vento, azionata da Sancho, simula delle folate che spingono le vele. E poi la semplicità dello scudiero e la visionarietà del cavaliere, l’amore ideale per Dulcinea, le ombre “dei cavalieri che hanno fallito la loro missione”. E’ un sogno che procede come una danza, tra citazioni musicali (Queen, David Bowie, Cat Stevens…), una gestualità che riempie la scena e apre orizzonti, un gioco di ruoli folle, ma profondamente saggio. Tommaso Massimo Rotella è un Chisciotte in perenne “duello tra voglia e impotenza”. In lui si riassume l’essenza del Teatro, ovvero quella verità che nasce dalla magia e dalla finzione. E’ Chisciotte, ma anche Alonso; crede nei giganti e nei sortilegi di Merlino, ma comprende anche che Cloe accetta di condividere il suo delirio onirico (“mi appende un lume cui io possa ululare”). Cloe/Camatel condivide la finzione con il pubblico, mantiene la stessa concretezza del suo alter ego-Sancho Panza, fa sorridere e si prodiga per il suo cavaliere, mentre lui “ogni volta che cade si rialza”, leggero e nobile, perché mai attaccato ai beni materiali. Due personaggi apparentemente opposti, eppure uniti e complementari sino ad uno scambio di ruoli, in una continuazione ideale del sogno. Se Chisciotte non potrà continuare a vivere, sarà Cloe a far risplendere la sua “fiamma nel suo guscio di ferro” (e l’armatura di copertine di libri esalta il potere immaginifico della letteratura).  Il Teatro vive nel Chisciotte di Tommaso Massimo Rotella, lunare e terreno, sospeso tra utopia e fantasmi passati. Emana dalla sua persona e riempie la scena, per arrivare alla platea che viene coinvolta in una finzione che si apre alla realtà. Rotella-Camatel confermano un’intesa perfetta nel passare attraverso tanti registri, dal sorridente al drammatico al fiabesco, si scontrano in improbabili duelli, si sorreggono, stupiscono e commuovono, in un crescendo che giunge ad una rivelazione finale. Solo una chiave visionaria può ripensare e dare significato alla realtà ed è “ripartendo con l’idea di Chisciotte nel cuore” che si ascolta nel finale “Un senso” di Vasco Rossi, chiusa di una pièce che pare intessuta di musica. Un testo che stupisce, coglie l’essenza del capolavoro di Cervantes, ne celebra l’universalità con protagonisti che sono anche molto altro. In un contesto onirico più che mai teatrale non ci sono barriere storiche, Chisciotte ha una controparte femminile e l’immaginazione diventa un gioco che permette di vivere, forse di inseguire la felicità. Tantissimi applausi dal pubblico di Asti Teatro e assolutamente consigliato.

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