Autore Redazione
venerdì
14 Dicembre 2018
09:48
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Eventi - Alessandria

La sorprendente Alessandria del 400 e 500 si mostra a tutti

Alessandria tra il Quattro e Cinquecento, fu protagonista di una qualità culturale "che ne esaltò il ruolo di epicentro territoriale e di cerniera tra realtà diverse"
La sorprendente Alessandria del 400 e 500 si mostra a tutti

ALESSANDRIA – Proseguono gli appuntamenti per gli 850 anni di Alessandria e questa volta tocca all’arte mostrare la bellezza della città. Questo 14 dicembre (e fino al 5 maggio) infatti verrà inaugurata la mostra “Alessandria scolpita. Sentimenti e passioni fra gotico e rinascimento, 1450-1535″.

Si tratta di una rassegna che vuole far conoscere il patrimonio artistico figurativo prodotto sul territorio dell’Alessandrino tra Gotico e Rinascimento con l’esposizione di statue lignee policrome, a confronto con tavole dipinte e oggetti di oreficeria.
Grazie alla mostra tornano alla luce delle caratteristiche importanti di Alessandria, divenute meno visibili “a causa delle demolizioni sette e ottocentesche e della generale riplasmazione della città che hanno completamente stravolto la stratigrafia urbana medievale“. Alessandria, infatti, tra il Quattro e Cinquecento, fu protagonista di una qualità culturale “che ne esaltò il ruolo di epicentro territoriale e di cerniera tra realtà diverse (soprattutto Milano e Pavia da un lato, e Genova dall’altro), all’insegna di un grande rinnovamento figurativo che si manifesta soprattutto nel campo della scultura in legno policromo, ancora ben rappresentata in zona da molte opere di assoluto livello”. 

“Le opere in mostra intendono valorizzare questo periodo che coincide con gli anni di effettivo dominio sforzesco sulla città, un periodo in cui Alessandria diventa un importante snodo e un naturale corridoio culturale che salda Milano e Genova, raccontando una storia dimenticata o dissimulata che proietta Alessandria e il suo territorio in una dimensione extra regionale, ricca di accenti propositivi che si esprimono in particolar modo attraverso la scultura lignea policroma, che addirittura elabora in questa fase modelli suoi propri, specie nel vastissimo campo dei crocifissi.
Per offrire un più ampio quadro d’insieme su un periodo di notevole fermento artistico e culturale di una città che esce dal gotico per protendersi verso un nuovo umanesimo, la scultura dialoga necessariamente con dipinti, oreficerie e selezionate sculture in pietra e tarsie.”

La mostra è articolata in tre ampie sezioni. La prima è incardinata intorno a una spettacolare sequenza di crocifissi dolorosi; le altre due attorno a un gruppo del Compianto sul Corpo di Cristo; quello dell’oratorio della Pietà a Castellazzo Bormida, che si presenta in corso di restauro anche per illustrare le vicissitudini che questi gruppi hanno subito nel tempo, e i problemi di conservazione che pongono; e quello dell’oratorio dei Bianchi a Serravalle Scrivia, restaurato alcuni anni fa con fondi ministeriali. Tre idee differenti di intendere la Passione di Cristo, rappresentativi di tre generazioni di artisti.
La prima sezione, intitolata “Il senso della natura alla frontiera del gotico”, è dedicata al “naturalismo lineare”, una modalità intensa ed elegante di rappresentare le passioni, ben espressa nei crocifissi ligure-piemontesi di Bosco Marengo e di Priero, nel misconosciuto Cristo deposto di Ozzano o ancora nei deliziosi Angeli del Santuario della Verna in provincia di Arezzo, usciti da una bottega del Piemonte meridionale: questo linguaggio si ammorbidisce dopo la metà del secolo grazie alla cultura tardogotica lombarda, ben rappresentata dal crocifisso del pavese Baldino da Surso, prestato da Palazzo Madama a Torino, ma proveniente dall’abbazia di Sezzadio (dunque, una sorta di ritorno a casa) e soprattutto dal magnifico ostensorio di Voghera, eccezionale prestito concesso dai Musei Civici del Castello a Milano. La mostra si apre però con la preziosa Vierge ouvrante di Pozzolo Formigaro, opera renana del tardo Trecento, che documenta la circolazione di idee a largo raggio: una Madonna col Bambino che si apre per mostrare la prefigurazione del sacrificio di Gesù.

La seconda sezione, “Una forma strutturata al tramonto del Quattrocento”, evidenzia il passaggio verso opere con una forma più strutturata, che si manifesta verso la fine del secolo: capisaldi di questo percorso sono il Compianto di Castellazzo (cui è dedicata un’intera sala), i poco noti Dolenti di San Paolo ad Asti, restaurati per l’occasione, il crocifisso di Masio, anch’esso fresco di restauro, e la superba Maddalena di Novi. Il pittore alessandrino Giovanni Mazone, che lavorava soprattutto a Genova, è protagonista di questa grandiosa riconquista della forma, ben rappresentata dalla Crocifissione della Pinacoteca di Savona e dalle tavole della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Questi decenni vivono di aperture verso Pavia, Milano e Cremona evocate dalla splendida croce del Duomo di Asti firmata dal cremonese Giovanni Antonio Feta, e dall’Adorazione dei Magi del Museo Borgogna di Vercelli, opera di Francesco Casellani proveniente da Vignale. Intorno al 1500 l’artista di riferimento in questa zona è Gandolfino da Roreto, di cui si presenta il notevole trittico di Quargnento dopo il restauro finanziato dalla Consulta per i Beni Culturali dell’Alessandrino, mentre anche la sua Madonna di Palazzo Madama a Torino torna a casa, perché viene dal Duomo di Alessandria.

La terza sezione, “Verso una nuova poetica degli affetti, racconta la coltivazione di una nuova capacità di rappresentare tensioni e sentimenti legata alla cultura leonardesca di cui è interprete, in particolar modo, Giovanni Angelo del Maino con la sua bottega. Una rivoluzione linguistica che trova fertile terreno nell’alessandrino, dove si sviluppa un linguaggio originale, fortemente ispirato dalla bottega del Maino, che ha il suo vertice nel Compianto di Serravalle e nel potente Crocifisso di Ponzone. Accanto ad alcune opere importanti di questo grande artista e della sua bottega, come le figure superstiti di una pala di Ponzone o la Madonna del Parto in San Dalmazzo ad Alessandria, figurano opere eccentriche come la Pietà fiamminga di Merana, confronti pittorici di decantata qualità – come la tavola di Pietro Grammorseo proveniente da San Francesco a Casale, recentemente acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria – e l’importante riscontro dell’urna marmorea di San Dalmazzo a Quargnento. Lo straordinario e generoso prestito di due porte intarsiate della Cattedrale di Savona permette inoltre di rappresentare la cultura prospettica lombarda, in cui primeggiarono i castelnovesi Ambrogio de Fornari e Giovan Michele Pantaleoni.
La mostra si chiude con un rilievo ligneo un tempo montato sulla macchina d’altare progettata da Giorgio Vasari per Santa Croce a Bosco Marengo, che chiude idealmente questo periodo e si
apre verso nuove modalità espressive: un oggetto che ad Alessandria nessuno aveva più visto dal XIX secolo, allorché prende le vie del collezionismo per approdare in Palazzo Venezia a Roma,
dove si trova tuttora. Alcune cartografie storiche guideranno il visitatore nella lettura corretta dell’organizzazione del territorio in età sforzesca.

L’esposizione, che si terrà a palazzo del Monferrato dal 14 dicembre 2018 al 5 maggio 2019, è stata realizzata con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, nonché delle Diocesi di Alessandria, Acqui Terme, Asti, Casale Monferrato, Mondovì, Tortona e dell’Arcidiocesi di Genova. Beneficia, inoltre, del sostegno della Regione Piemonte, della Consulta per i Beni Culturali dell’Alessandrino, delle due Fondazioni della Cassa di Risparmio di Alessandria e della Cassa di Risparmio di Asti, della Regione Piemonte, della Provincia di Alessandria e di Alexala. Sponsor della mostra sono alcune aziende private tra cui il Gruppo AMAG e la Guala Dispensing di Alessandria.

Curatore della mostra è il professor Fulvio Cervini, ordinario di Storia dell’Arte Medievale dell’Università di Firenze; il progetto di allestimento è realizzato dall’arch. Giancarlo Lombardi di Firenze, coadiuvato da Giorgio Annone (LineLab, Alessandria) per la parte grafica.Il progetto è frutto della collaborazione di un Comitato scientifico composto da vari specialisti di settore: Marco Albertario, direttore della Galleria dell’Accademia di Belle Arti Tadini (Lovere, Bergamo); Simone Baiocco, Conservatore di Palazzo Madama (Torino); Massimiliano Caldera, funzionario Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (SABAP, Torino); Fulvio Cervini, docente Università di Firenze; Guido Gentile, già Soprintendente Archivistico per il Piemonte e la Valle d’Aosta; Roberto Livraghi, direttore di Palazzo del Monferrato (Alessandria); Giulia Marocchi, funzionario SAPAB Alessandria, Asti, Cuneo; Valeria Moratti, funzionario SAPAB Alessandria, Asti, Cuneo; Vittorio Natale, storico dell’arte; Luciano Orsini, Direttore Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Alessandria; Antonella Perin, storica dell’architettura; Silvia Piretta, docente Università di Torino; Andrea Rocco, direttore Palazzo Mazzetti (Asti); Carla Enrica Spantigati, già Soprintendente Beni Artistici del Piemonte (Torino); Rossana Vitiello, funzionario Segretariato regionale MIBACT per la Liguria.

La mostra sarà aperta fino al 5 maggio a Palazzo Monferrato in via San Lorenzo.
Martedì-venerdì 16-19
Sabato-domenica 10-13; 16-19

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