Autore Redazione
giovedì
18 Gennaio 2018
08:00
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Eventi - Piemonte

“Acqua di Colonia”, ovvero di colonialismo, allo Spazio Kor

Lo spettacolo della Compagnia Frosini-Timpano, finalista al Premio Ubu 2017, arriva ad Asti. L’intervista ad Elvira Frosini
“Acqua di Colonia”, ovvero di colonialismo, allo Spazio Kor

ASTI – Il colonialismo italiano e la sua rimozione dalla memoria collettiva. Questo l’argomento, trattato con un’ironia che spazia tra passato, presente e luoghi comuni, di “Acqua di Colonia, di e con Elvira Frosini e Daniele Timpano, in scena allo Spazio Kor sabato 20 gennaio alle 21 per la rassegna PUBLIC, diretta da Emiliano Bronzino.

Lo spettacolo è stato finalista al premio Ubu 2017 nella sezione migliore nuovo testo italiano, è prodotto da Romaeuropa Festival, Teatro della Tosse, Accademia degli Artefatti con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio, e vede la coppia Frosini –Timpano ritornare sulla scena dello Spazio Kor, dopo lo strepitoso “Zombitudine” al Festival Asti Teatro 2014 e dopo aver diretto il Teatro degli Acerbi in “Wild West Show” (in scena a Roma e altri teatri in questo periodo). E’ dall’inizio del loro sodalizio, nel 2008, con la creazione della Compagnia Frosini-Timpano,  che i due autori, attori e registi si sono imposti con una poetica caustica, divertente e spiazzante, trattando temi storici e sociologici in modo lucido e inquietante, come promette di fare “Acqua di Colonia”.

Elvira Frosini, perché uno spettacolo su un argomento così dimenticato come il colonialismo italiano?

Proprio perché è una storia rimossa, non se ne parla mai e non la conosce nessuno. Se ne occupano solo gli studiosi e se ne ha solo qualche vago ricordo che si identifica con il periodo fascista, mentre il colonialismo italiano è nato alla fine dell’800, subito dopo l’unità d’Italia, con un governo liberale, ed è durato 60 anni. Dopo la fine della guerra, con la perdita delle colonie, questa storia è stata messa da parte. Per tutti i paesi, non solo per l’Italia, c’è stata la decolonizzazione, ma il colonialismo come idea e processo forse ancora esiste, a livello economico e in varie forme.

Cosa ci rimane di questo periodo?

Come sempre parliamo di eventi storici, sociologici o antropologici parlando dell’oggi; è una storia antica, ma che si riflette su quello che siamo adesso. Specialmente ci interessava parlare di questo momento storico di immigrazioni, in cui tutti siamo un po’ persi e in difficoltà: c’è chi è più espressamente infastidito e chi non lo è. Nello spettacolo diciamo che non è tutto semplice, in fondo l’epoca colonialista ci ha portato in eredità un pensiero che ancora esiste: un pensiero fondamentalmente razzista, colonialista e occidentale-centrico. Siamo portati anche nelle migliori intenzioni a pensarci come paradigma centrale di riferimento e a pensare all’altro come in funzione di noi, senza voce in capitolo.

Come avete risolto nello spettacolo il rapporto tra presente e passato?

C’è una prima parte che possiamo chiamare metateatrale, dove tiriamo fuori immagini, pensieri e situazioni non immediatamente riconducibili al colonialismo, che poi invece lo sono. Facciamo delle ipotesi (“nello spettacolo potremmo fare questo….”) e man mano ci immergiamo in questo materiale che comincia ad emergere, diventa una massa e poi viene messo in scena nella seconda parte dello spettacolo. Risolviamo il riferimento al presente non solo in questo modo, ma anche parlando di noi, mettendoci in prima persona in quanto persone qualsiasi, un po’ intellettualine, che discutono e si fanno delle domande.  Riconduciamo al presente tutto quello che ci costituisce come materiale culturale sia alto che basso: le barzellette, le canzoni, i modi di dire…e lo spettatore si rispecchia in questo.

Nei vostri spettacoli, con l’ironia spiazzate lo spettatore e radete al suolo le certezze. Succede anche in Acqua di Colonia ?

Sì, come di solito non abbiamo una tesi pronta da esporre con le risposte da dare al pubblico, ma mettiamo in contrapposizione le varie tesi (come il “io non sono razzista…”). Tutti abbiamo delle contraddizioni interne e c’è uno spiazzamento di certezze e di luoghi comuni.

Che tipo di materiale avete raccolto per lo spettacolo?

Abbiamo lavorato per un paio di anni, per un anno abbiamo studiato tutta la parte storica e abbiamo raccolto tanto materiale culturale: letteratura sia di quell’epoca che posteriore, canzoni, illustrazioni, fumetti, pubblicità. Sono tante piccole cose che tutti conoscono o riconoscono e che vanno a confluire nelle stratificazioni delle nostre teste (faccio l’esempio della liquirizia Tabù, la conoscono tutti).  Abbiamo fatto una scelta tra tutti questi elementi e abbiamo iniziato a farci delle domande sulla struttura dello spettacolo. Soprattutto abbiamo rielaborato tutto questo materiale, l’abbiamo reso vivo e teatrale, trasformandolo in eventi e personaggi.

Come reagisce lo spettatore?

Lo spettacolo è molto divertente, si ride, ridiamo noi stessi e facciamo ridere di un riso un po’ amaro. Spesso lo spettatore ci viene a raccontare  cosa ha provato: “…ho riso tanto, ma mi sono sentito anche imbarazzato”. Ci si diverte tanto, ma subito dopo si pensa di cosa si è riso e ci si sente nella trappola della cattiva coscienza.

Ingresso 10 euro, ridotto 8 euro per tesserati OPEN e tesserati SPAZIO KOR, abbonati Teatro Alfieri, under 25, over 60, 5 euro riduzione speciale gruppi (minimo 10 persone).

Per informazioni e prenotazioni: Spazio Kor 3491781140 – info@spaziokor.it

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