Autore Redazione
mercoledì
17 Dicembre 2014
16:40
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Politica - Alessandria

L’autismo in Alessandria: puntata 8. L’azienda sanitaria locale

L’autismo in Alessandria: puntata 8. L’azienda sanitaria locale

ALESSANDRIA – Ottava puntata degli speciali dedicati all’autismo. Questa volta ci tocca andare in trasferta. La dott.ssa Emanuela Cordella, direttrice della Struttura territoriale di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Sanitaria Alessandrina, sta di base a Novi Ligure e lì arriviamo in un giorno in cui era prevista neve ed invece c’è un sole splendente. Purtroppo, per la neuropsichiatria infantile il tempo non è sereno come sembra fuori. Dentro, è piombato il fulmine del nuovo piano ospedaliero emanato dall’Ass.to alla Sanità della Regione Piemonte. I media ne parlano poco, ma i tagli, o “riassetti”, come li volete chiamare, ci sono e in NPI si sentono. La neuropsichiatria infantile è una struttura complessa, che svolge attività ospedaliera e sul territorio. Ora, il nuovo piano include nella rete ospedaliera soltanto tre NPI, tra cui quella dell’Ospedale Infantile di Alessandria, ma lascia fuori sedi come Novi, Tortona e Casale Monferrato, per parlare soltanto del nostro territorio. La paura è sempre la stessa: meno personale, meno risorse, meno vicinanza ai pazienti e alle loro famiglie. Ma la dott.ssa Cordella non vuole approfittare della nostra presenza. Siamo qui per un’intervista? Allora facciamola. Eccoci, anche se sono presente solo io. Pier Carlo Lava è stato messo fuori gioco dall’influenza, quindi niente videoregistrazione questa volta.

Dott.ssa Cordella, il 3 marzo di quest’anno, la Giunta Regionale del Piemonte ha recepito l’accordo Stato-Regioni del 22 novembre 2013, in tema di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico”. L’Assessore alla Sanità introduce la delibera con una relazione che fa il punto sullo stato delle cose nella nostra regione. Ecco, le nostre domande sono tutte tratte di peso da quella relazione. 

In Piemonte, i soggetti con disturbi dello spettro autistico sono stimati al 31.12.2012 al 3.3 su 1000. Per la fascia d’età 7-11 anni, la stima sale al 4.8 su 1000. Ma i minori seguiti dai Servizi Asl nel 2012 sono stati solo il 2.4 su 1000. Che fine hanno fatto gli altri?

I dati sono  desunti dal  nostro sistema informatizzato NPI.net. Proprio attraverso i dati NPI.net è emersa  una discreta  variabilità tra i diversi territori regionali. Noi nell’ Aslal ci attestiamo  intorno al 5  quindi a livelli superiori, secondo i dati regionali. Nella nostra  ASL  su una popolazione 0/18  di 65284 abbiamo  oltre 300 diagnosi  di disturbo dello  spettro autistico su pazienti in età evolutiva, effettuate  dalla NPI nell’ultimo decennio. Oltre  1/3  sono  minori di anni 8. Cerchiamo di prendere in carico  la gran parte dei pazienti. Una piccola parte di loro  accede ai centri privati  e/o convenzionati   (es ANFFAS e  Centro Paolo VI ). Con questi centri  collaboriamo e programmiamo  insieme a loro  il progetto di trattamento. 

Passiamo al trattamento. Nella relazione si afferma che la rete dei servizi è solo parzialmente in grado di garantirlo, che il tempo degli operatori formati è molto variabile da un territorio all’altro e che sono quasi assenti gli educatori, figure centrali del trattamento. Ad Alessandria come va: bene o dobbiamo migliorare? 

Senz’altro dobbiamo migliorare, ma riusciamo ad offrire una discreta risposta. Sono seguiti con riabilitazione  settimanale individuale  91 pazienti  di cui  il 95% minore di 7 anni. La   scelta  di  privilegiare i piccoli  è correlata alle evidenze scientifiche  dell’intervento precoce e continuativo come  fattore prognostico favorevole. Una parte  (19) è  seguita con  monitoraggio  e supervisione  quindicinale o mensile. Per la totalità  dei pazienti in età scolare sono in atto interventi multidisciplinari  di rete in cui si valorizzano le risorse scolastiche, socio-assistenziali e familiari. La NPI monitorizza il progetto offrendo consulenza agli insegnanti. Il progetto riabilitativo è sempre multidisciplinare e coinvolge i Servizi di Psicologia, di Riabilitazione Funzionale  (fisioterapisti e logopediste)  il Servizio Sociale, la scuola, oltre, naturalmente, alla famiglia. La figura dell’educatore, assente nell’organico della NPI, è presente,  messa in campo dai Servizi  Sociali. Purtroppo abbiamo  difficoltà a reperire  educatori formati specificamente sulle problematiche dello spettro autistico. Con la  nostra  Direzione  ASL stiamo  progettando di distaccare presso la NPI  un educatore  dedicato,  cui proporremo una formazione specifica. Facciamo i conti con le risorse limitate e con la sanità in sofferenza. 

L’accordo Stato-Regioni indica specificamente la creazione di una rete coordinata di intervento, che coinvolga i servizi sanitari, sociali ed educativo-formativi, la famiglia e le associazioni presenti sul territorio. La nostra rete prevede tutto questo? 

La rete è attiva e operante, costituita dall’ASL, da Servizi Sociali, Scuola  e Famiglia. In genere il progetto riabilitativo  è condiviso e coinvolge attivamente  tutti gli attori. Oltre ad incontri informali, sono definiti momenti istituzionali di confronto interdisciplinare  tra enti e famiglia. Anche con le associazioni abbiamo avviato  un dialogo. Sono una importantissima risorsa per le famiglie. Purtroppo, date le risorse  organiche, non riusciamo ad offrire  un intervento di  parent training programmato e puntuale, ci limitiamo a sporadici colloqui per  counseling, o a far partecipare il genitore al trattamento. 

L’accordo ritiene opportuno individuare in ogni Azienda Sanitaria Regionale uno o più nuclei DPS (Disturbi pervasivi dello Sviluppo). Ogni Nucleo individua al suo interno un operatore per ogni paziente con funzioni di case manager. Abbiamo già il nucleo e abbiamo già i case manager?

Sì. La regione dava l’opportunità di costituire uno o più nuclei, noi abbiamo scelto di  crearne uno unico, sovradistrettuale, proprio perché possa divenire una sorta di osservatorio  e attraverso i propri componenti offrire indicazioni  di percorso specifiche, uniche e attive su tutto il territorio  e per  tutti gli operatori coinvolti. Come primo atto, il nucleo ha proceduto a verificare, in ogni distretto ASL,  i percorsi  diagnostico–terapeutici  seguiti, gli strumenti diagnostico-operativi presenti in ciascun distretto e la formazione specifica  dei professionisti. Tale indagine mira all’armonizzazione  dei  percorsi e delle competenze professionali e a garantire l’equità di accesso e di trattamento delle persone che necessitano di prestazioni diagnostiche, riabilitative  e assistenziali. Il nucleo individua per ogni paziente il case manager che garantisce il monitoraggio del percorso.

Il Nucleo DPS, in collaborazione con i genitori, definisce un’ipotesi di progetto personalizzato di trattamento con l’indicazione dei luoghi in cui lo stesso può essere effettuato. Il progetto deve essere condiviso e controfirmato dai genitori e deve riportare durata del ciclo, modalità di trattamento e metodiche applicate. A che punto siamo?

Attualmente, il progetto personalizzato viene condiviso con la famiglia. Con la costituzione del nucleo tutto diviene  più chiaro e definito. Nel concreto, per ogni paziente  dovranno   essere compilate due schede: una diagnostica, che riporta  il percorso  diagnostico e la valutazione funzionale,  e una  che definisce il programma di percorso/presa in carico globale: i luoghi, la tipologia dell’intervento,  la metodologia utilizzata, la durata  e la relativa verifica,  firmata  oltre che dal case manager  che la predispone, anche dalla famiglia.

I disturbi dello spettro autistico insorgono in età evolutiva, ma hanno nella quasi totalità dei casi un andamento che prosegue in età adulta. Finora i percorsi di cura regionali specifici si sono limitati alla sola età evolutiva. Già. E adesso?

Quello che abbiamo descritto è in atto, purtroppo, solo per l’età evolutiva. Per l’adulto non ci sono ancora percorsi definiti  e specifici. Il problema è molto sentito, tanto che  un tavolo regionale composto da operatori dell’età evolutiva e dell’età adulta sta affrontando queste criticità. Viene meno, con la maggiore età, anche la possibilità ( già prima limitata ) di accedere al servizio di educativa territoriale  (Servizi Sociali) e con il termine della frequenza scolastica viene a mancare quell’importantissimo intervento educativo e di sostegno offerto dalla scuola. Quando il paziente diventa maggiorenne viene “trasferito“ al Servizio di Salute Mentale. Abbiamo, negli anni passati, elaborato  con il SSM un protocollo condiviso per il passaggio dei  pazienti maggiorenni. Ove possibile il passaggio avviene gradualmente e la NPI di riferimento provvede a  presentare  al paziente e alla famiglia il nuovo referente medico del Servizio adulti. Purtroppo, sul territorio c’è carenza di  strutture socio-educative  specifiche per la patologia. Fortunatamente, i  Centri Diurni socio-riabilitativi (presenti in ogni distretto ASL) offrono buone opportunità di interventi educativo-formativi, nell’ambito di progetti   personalizzati e aderenti alle esigenze individuali. La famiglia, quando il figlio diventa maggiorenne, spesso  sperimenta angoscianti  sensazioni di abbandono  e di solitudine poiché, nonostante siano mantenute   alcune prestazioni di base, viene a mancare la presa in carico globale e la rete di  sostegno a tutto il nucleo.

Giancarlo Patrucco

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