Autore Redazione
giovedì
31 Maggio 2018
12:34
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Cronaca - Alessandria

#Bellesempre11: la paura fa capire il valore di ciò che si ha già

#Bellesempre11: la paura fa capire il valore di ciò che si ha già

RADIO GOLD – La nuova puntata di #Bellesempre, a cura di Milly Tasca, si sofferma questa volta sul valore delle cose che già si hanno. Milly nel gennaio 2017 ha scoperto di avere un tumore al seno. Durante il lungo percorso di guarigione ha affrontato ostacoli, paure e speranze. La rubrica #Bellesempre vuole essere un aiuto per tutti coloro che devono fare i conti con un tumore. Ecco la puntata di questa settimana:

Ieri le mie tette sono state schiacciate, strizzate e scandagliate a fondo. Nell’ultimo mese e mezzo ho eseguito per la prima volta tutte le visite di controllo prescritte: visita oncologica, pet, eco addome, ecocardio, esami del sangue, visita ginecologica, insomma rivoltata come un calzino. Ieri avevo gli ultimi due esami per chiudere il primo “follow up” (come si dice in gergo): mammografia ed ecografia al seno. E poi ci rivediamo tra sei mesi. Sono andata molto serena, perché in cuor mio sono fiduciosa. Non so perché ma ho la sensazione di averla passata liscia, anche se ci sono anni di controlli serrati per ovvie ragioni, anche se non si sa mai.
Io e Marco arriviamo stranamente puntuali, visto che la mia vita oramai è sempre mezz’ora in ritardo, e dopo aver espletato le formalità allo sportello andiamo in sala d’attesa. Mi chiamano per la mammografia, stringo i denti mentre mi strizzano quel poco che c’è, e mi accomodo fuori in attesa. Rientro per l’ecografia, e con insistenza la dottoressa pigia e scandaglia la cicatrice dell’operazione, la tomba del mio cancro, a destra sul mio petto. Credo che gli ecografisti sappiano che i loro visi vengono scrutati dai pazienti stesi sul lettino con la stessa attenzione che loro dedicano agli organi in esame. Eseguo diligentemente le sue istruzioni ‘braccio su, braccio giù, si giri sul fianco sinistro, ora quello destro’ e ogni tanto sbircio la sua faccia, seria e dura come una pietra. A un certo punto la dottoressa inizia a esternarmi le sue perplessità, dicendo di aver trovato un nodulo proprio accanto a dove c’era il mio tumore, proprio sotto la cicatrice. Bisogna cambiare strumento e guardare meglio di cosa si tratta.
Inizio a fremere e la mia bocca ad asciugarsi.
Ripetiamo l’eco con altro apparecchio che non risolve il dubbio. A quel punto conveniamo che sia meglio fare un ago aspirato per chiarire del tutto la natura di quel nodulo.
In quell’ora di attesa ripiombo indietro di quindici mesi, come fosse ieri.
Le mie gambe iniziano a tremare, e tra me e Marco scende un silenzio glaciale, come se qualunque parola proferita possa spezzare il filo che ci tiene appesi alla realtà.
Il nostro corpo è uno strumento meraviglioso, di cui il cervello è il capitano, e proprio la mente mette in piedi dei meccanismi di salvataggio per la sopravvivenza che sono straordinari.
La mia testa quindi inizia a pensare razionalmente, mentre fisso un monitor ripercorro tutto quanto e mi ripeto che non è possibile. Ho finito di bombardare con le radio proprio quel punto solo tre mesi e mezzo fa, ho fatto chemio, la pet era pulita. Però un medico di un illustre istituto che si preoccupa al punto di voler approfondire tramite ago aspirato non può che significare che ci ha visto qualcosa di brutto. Infrango il silenzio dicendo ‘se è un cancro ed è sfuggito a tutte le terapie, stavolta mi uccide’.
Chiamo casa “no no tutto bene c’è solo molta coda, posso parlare con Leo?”
La voce di mio figlio è l’ossigeno che mi manca in questo brutto pomeriggio.
Il primo pensiero, come la prima volta, è stato sempre e solo lui, non posso e non voglio lasciarlo senza di me, non posso stare io senza di lui.
Poi mi sono detta che avrei dovuto essere forte, che avrei affrontato tutto a muso duro, sebbene stanca e spaventata da quell’esito.
Ho pensato a Marco, alla mia famiglia.
Ho pensato a ciò che scrivo, alle persone per cui scrivo.
Ho pensato che avevo cantato vittoria troppo in fretta e mi ero portata male da sola.
Poi, in quell’attesa senza tempo, un lampo che ha squarciato il buio.
La dottoressa si era raccomandata di tirare fuori tutti gli esami precedenti ma io avevo completamente rimosso un’ecografia fatta altrove per fatti miei nel pieno delle chemio, e quando tutti mi dicevano che non era il caso, io otto mesi fa l’avevo fatta lo stesso.
Ma l’avevo sepolta sotto il peso della stanchezza.
Corro dalla dottoressa con quelle cartoline nere in mano e gliele mostro.
Lei arrabbiatissima le confronta le guarda e le riguarda e sì, quel nodulo c’era già ed era identico.
Quando mi conferma che possiamo stare tranquille vorrei svenire dal sollievo, la tensione evapora immediatamente insieme a buona parte del mio sangue probabilmente, visto che le gambe non mi reggono più.
Sono indubbiamente una cretina per la dimenticanza, e ho assaggiato un’ora di quel panico indescrivibile a parole, che significa recidiva.
In quel lasso di tempo ho pensato a una marea di cose, di nuovo quel senso di impotenza di quando vorresti evadere dal tuo corpo, da una situazione, ma non puoi far altro che rimanere lì incatenato e affrontare tutto.
In questa giornata la vita mi ha dato una bella ripassata, ricordandomi quanto siano importanti i momenti vissuti bene e quali siano le vere priorità.
Io e Marco ci guardiamo negli occhi e decidiamo di festeggiare lo scampato pericolo e la fine dei controlli nel nostro posto preferito tutti e tre a cena, e tornando in macchina cantiamo canzoni a squarciagola con la musica a tutto volume.
Mentre ci stringiamo forte la mano pensiamo a quanto siamo fortunati e ci ripetiamo che questa vita va goduta fin che ce n’è!

 

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