Autore Redazione
mercoledì
4 Luglio 2018
01:22
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Cronaca - Alessandria

#Bellesempre16: perdere i capelli e trovare (vera) comprensione

La nuova puntata di Milly Tasca sul percorso di chi affronta un tumore
#Bellesempre16: perdere i capelli e trovare (vera) comprensione

RADIO GOLD – Nuova puntata di #Bellesempre, la rubrica di Milly Tasca, sui problemi che affrontano le persone costrette a fare i conti con i tumori. In questo approfondimento Milly, guarita da un tumore al seno dopo un anno di terapie, descrive una delle situazioni più odiose causate dalla chemioterapia: la perdita dei capelli. Attraverso il suo racconto scopriamo come questa situazione possa aiutare tutti a comprendere quale sia il modo corretto per relazionarci con il prossimo:

È inutile girarci attorno, per una donna è devastante la notizia di un cancro e delle relative terapie, e uno dei primi pensieri dopo “sopravviverò?” è quasi sempre: “perderò i capelli?”
Potrebbe sembrare strano che questo fattore estetico abbia un così forte impatto psicologico su una donna (spesso anche su un uomo), eppure non lo è proprio perché non si tratta di una ragione ‘puramente’ estetica.
Uno dei tanti motivi per cui il cancro è una malattia infida, è che va a minare la femminilità (o virilità) di una persona. Un cancro al seno/ovaie/utero, ad esempio, che comporta inevitabilmente interventi di rimozione totale o parziale dell’organo, è un colpo netto alla base della femminilità, e aggiungendo anche la perdita dei capelli la devastazione è totale. Non trascuriamo anche i maschi, colpiti nella virilità da un tumore ai testicoli o essi stessi al seno (ebbene sì, anche gli uomini sono provvisti di ghiandole mammarie quindi soggetti a malattia soprattutto quando c’è ereditarietà).
Nonostante io abbia vissuto il periodo delle terapie in “modalità zen”, molto in pace con il prossimo e con la tendenza a scusare tutti i comportamenti, devo ammettere che una delle cose che ho sopportato meno delle persone è stato il goffo tentativo di rassicurazione sui capelli.
Il mio consiglio a tutti quelli che si trovano di fronte una persona che perderà o ha perso i capelli per le terapie è quello di non cercare di spronarla con le classiche frasi “ricresceranno più forti di prima”, o “ricresceranno, è il meno, l’importante è uscirne”, o la variante “possono anche crescerti ricci anche se li avevi lisci” (ho scoperto di essere molto affezionata al mio liscio e questa frase mi spaventava ancora di più!); è sempre meglio mettersi allo stesso livello dell’interlocutore, provare a comprenderne il disagio e magari dire “dev’essere terribile effettivamente, posso solo provare a immaginare come ti senti”, oppure virare l’argomento su quale soluzione sia stata scelta per far fronte a questo problema, perché altrimenti rischiereste di ricevere una risposta sincera: “intanto vuoi provare tu un anno senza capelli, pelata, a doverti in qualche modo camuffare per quattro stagioni, quando fa caldissimo oppure freddissimo? Gestire una ricrescita, prima spelacchiata come un pulcino e poi modalità soldato Jane che non a tutte sta così bene?” “Rinunceresti ai tuoi capelli, tu? Qui e ora?”.
Un/una paziente oncologico/a sa bene che la priorità è avere salva la vita, ha l’obiettivo stampato in testa come un’insegna luminosa che lampeggia ogni secondo delle sue 24 ore, quindi non ha bisogno di altre persone che glielo insegnino, ma di persone che cerchino di comprendere il profondo disagio e la mutilazione delle persone in terapia. Allo stesso modo il malato sa che avere salva la vita ha la precedenza su tutto il resto, sui capelli, sulle nausee, sui malesseri, ma bisogna capire come sia difficile guardarsi allo specchio e non riconoscersi, quando l’immagine riflessa è di una persona devastata, pelata, senza ciglia e sopracciglia, con un’amputazione genitale, una benda attorno al braccio con un catetere venoso centrale perennemente inserito, e tante incognite per il futuro.
Il sentimento che deve scaturire non è pena, non ce n’è bisogno, ma delicatezza e comprensione, ponendosi sempre la domanda “come reagirei se capitasse a me?”: ecco gli ingredienti ‘magici’ per interagire con chi si trova in terapia o malattia. Che poi, se ci pensiamo bene, è il segreto per relazionarci in maniera corretta con tutte le persone del mondo!

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